Fa un certo effetto navigare in luoghi che danno la forma tridimensionale a tutte le storie lette nei libri che ci hanno accompagnato nelle sere prima di addormentarci. Storie di spionaggio di guerra e di tresche tra servizi segreti, di politica e fantapolitica. Insomma, sono tutti qui, più o meno vicini al mare, tanti raggiungibili risalendo i numerosi fiumi o, comunque, qui in zona. La CIA, la NSA, La base di Norfolk, basi aeree più o meno note e zone interdette all’ancoraggio da parte della US Navvy, Washington e, per finire, la famosa accademia navale di Annapolis, leggi “Jack Ryan di Caccia ad Ottobre Rosso”.
Navigare qui, per il nostro pescaggio e per le condizioni climatiche sempre un po’ volubili, necessita di una attenzione più alta del normale. I fondali sono bassini e, dove ci sono i canali, il traffico commerciale non manca. Aggiungiamo poi, proprio a causa dei fondali che ridossi e punti per dar fondo sono da cercare con pazienza sulle carte.
Scegliamo con cura la rotta per salire in questa baia il cui nome deriva da un vocabolo algonchino (nativi americani) e che significa “villaggio presso un grosso fiume”. In effetti, la Chesapeake bay è l’estuario più grande d’america del fiume Susquehanna e si estende per circa 330Km con una larghezza massima di circa 50Km. In questo bacino si riversano oltre 150 fiumi, il più importante è ovviamente il Potomac che bagna Washington, la Chesapeake tocca sei stati americani ed ha un fascino molto vario e particolare.
Salpati da Virginia Beach, appena doppiato Capo Henry e dove vi avevamo lasciati con l’articolo precedente, troviamo il primo approdo, pessimo, ma l’unico papabile a MobJack Bay. Si rolla parecchio e piove ininterrottamente tutta la notte, ma non abbiamo nessuna intenzione di navigare di notte: qui hanno l’abitudine di piantare dei pali per posizionare reti e nasse senza che siano segnati, già un nostro amico che vive qui, ci è andato a sbattere una notte.
Piove anche al mattino, per fortuna solo per poco e poi il sole non mancherà fino al nostro arrivo in quel di Annapolis.
Le soste saranno sempre dentro ai fiumi, la prima nel Rappahannok, Virginia orientale, che ai tempi della guerra di secessione veniva indicato come il naturale confine tra “nord” e “sud”. Posto abbastanza ameno; noi ci stiamo abituando a tutto questo verde, a questi boschi che oramai stentiamo a rendercene conto. Si da fondo sulla sponda di sinistra perché aspettiamo vento da SW, ma abbastanza lontani dalla costa perché è disseminato di coltivazioni “pensiamo” di granchi o ostriche.. comunque meglio non calarci l’ancora….si sa mai che il “Dinamite Bla” locale non compaia con la doppietta… Se Charleston è famoso per i suoi gamberi, qui si va di ostriche e granchi, quelli blu.
Tappa “divertente” è stata nel fiume Patutenx dove ci siamo fermati tre notti in attesa che il vento girasse ancora a sud perché, nonostante i fondali non ci permettono ampi spazi di manovra, nella Chesapeake abbiamo fatto la maggior parte delle miglia a vela. Saltiamo a piè pari il Potomac, il tempo e il vento sono buoni, abbiamo un appuntamento ad Annapolis e giochiamo la carta “lo vedremo al ritorno” accorciando la distanza che ci manca.
Arriviamo il pomeriggio di sabato, diamo fondo sula riva destra a circa due miglia dentro il fiume e a un paio dai marina che si intravedono verso l’interno. Posto idilliaco, bellissime ville sulle rive, roba da ricchi veramente, parecchi day sailers che vanno e vengono in tranquillità, qualche motoscafo che però scompare al calar del buio che accompagna per mano un silenzio pacificatore. Domenica si ripete, pace e tranquillità, meno gente per mare che non sabato e noi che pontifichiamo su come deve essere piacevole vivere in un posto così verde con così un bel fiume con così belle case….sino a lunedì….
Rombo di un F16, a seguire elicotteri da combattimento, biposto militari da esercitazione, cargo, C130 in decollo e in atterraggio in coda come sulla tangenziale… un bordello… raga, non so a quanti di voi un caccia militare vi abbia sorvolato a pochi metri dall’albero, pensate che qui erano ben più di uno, ho smesso di contarli. Anche col buio, i C130 continuavano ad atterrare nella “Naval Air Station” situata sulla sponda opposta, tre chilometri in linea d’aria.
Ci guardiamo attoniti e facciamo una breve ricerca in rete. Salta fuori che questa base è la sede del comando per l’oceano Atlantico della aviazione militare americana, nonché centro di addestramento piloti… ah beh.. secondo noi, gli agenti immobiliari, le case in vendita le fanno visitare solo il week end.
Almeno la notte si dorme, si vede che non era periodo di esercitazioni notturne e martedì mattina salpiamo alla buon ora perché Annapolis ci aspetta. Le ultime 45 miglia e poi faremo sosta per un mesetto: aleremo il Jonathan, faremo i soliti lavoretti di manutenzione e cercheremo di sfoltire la lista che, pian piano, viene redatta sotto il nome “cose da fare quando si è a terra”.
Abbiamo sempre navigato sul lato sinistro della baia, quello con ancoraggi più numerosi per noi e fondali più abbordabili, ma, se torniamo giù da questa strada, cercheremo di visitare la riva di destra, almeno per quanto possibile.
Scrivo ora che siamo appena tornati in acqua, abbiamo trascorso un mese e mezzo tra lavori di bordo e un paio di settimane a zonzo. Come sempre si inizia e sembra che non debba mai finire, che lo sharpnel esploso in quadrato abbia disseminato le cose in modo mai più rintracciabile e stivabile, che solventi e vernici siano destinate a proseguire la loro esistenza nel lavandino della cambusa e che i cavi, stagno, saldatori, fusibili, relè e quadri elettrici non torneranno mai più al loro posto. E invece..eccoci qui.
Annapolis è una città ricca, è stata anche la capitale degli States pro tempore per un paio d’anni e ha saputo trasformare la sua primaria fonte di sostentamento dalle ostriche e pesca dei granchi blu al diporto: qui cantieri, marine e società specializzate di ogni tipo sono disseminate più o meno ovunque, senza contare che nel mese di ottobre si tiene il salone nautico più importante degli States dopo quello di Miami.
Abbiamo vissuto, perciò, in questa zona per parecchio, con macchina a noleggio abbiamo girato e soggiornato nei dintorni di Annapolis, mentre il Jonathan era in secco. C’è verde, tanto verde anche qui. boschi e strade che li attraversano senza disturbare gli onnipresenti falchi che volano in cerchio sopra di noi ogni giorno. Non dimentichiamo anche gli scoiattoli che qui sono quasi numerosi come i passerotti da noi: li vedi appena entri in questi quartieri tra Annapolis e Washington, immersi nel verde e nella pace.
Alberi, boschi e verde senza soluzione di continuità anche nel nostro breve spostamento sino a New York attraverso il Maryland, il Delaware e il New Jersey, ma Manhattan fa diverso…vi racconteremo come l’abbiamo vissuta.
che bello leggere ‘ste robe!