La lunga bolina

davEra già un bel pezzo che la carta nautica dell’Oceano Atlantico giaceva indolente sul tavolo del quadrato in attesa che qualcuno si decidesse a renderla ancora un po’ più viva con il terzo segno importante, quasi un tatuaggio indelebile studiato per tanto tempo. Doveva, a volte, far posto ai due PC che, in modo più pragmatico e veloce, simulavano la rotta ideale per la traversata  oramai alle porte, interpolando dati meteo, dati delle correnti e preparavano la traccia digitale che sarebbe stata caricata alla fine sul computer di bordo.

Ma Lei era li, non più intonsa, con calcoli a matita sui bordi, punti nave presi e segnati pedissequamente ogni ventiquattro ore, uniti da un tratto a matita per segnare le rotte fatte sino ad ora in questo grande mare.

Nov 2017 - Norfolk / St. Barth. 1450 Miglia

Era li, un monito che diceva: “finché non ti decidi a scrivere qui dove vuoi andare, non vai da nessuna parte”, un po come i compiti rimandati di giorno in giorno che “sai” che sono li e, prima o poi, devi affrontarli. Tracciare una nuova rotta su mari mai solcati prima, innesca un effetto domino per tutta una serie di emozioni e sentimenti che se ne stavano tranquilli e buoni relegati in qualche anfratto dentro di noi.
Vuoi per la pace dei fiumi dove ci eravamo rintanati da quattro mesi, vuoi che la temperatura non era ancora così rigida e vuoi che la rotta che ci attendeva non era delle più “attraenti”, tergiversavamo ben sapendo che più di tanto non avremmo potuto procrastinare la nostra dipartita dalla baia di Chesapeake e far rotta verso sud sino ai Caraibi.
Già ci eravamo spostati, con indolenza, dal fiume Magothy, vicino a Baltimora, sino a Fishing Bay, appena a nord di Norfolk. La bellezza dei posti, soprattutto con l’autunno alle porte, ci faceva sentire in un mondo fatato dal quale, però, dovevamo risvegliarci.

IMG_20171107_163932Scendere ai Caraibi, come già scritto nel precedente articolo non sarà semplice e guardarsi il film della baleniera ESSEX prima di salpare, non è stata una idea geniale…per una settimana ho vissuto con le più nere e catastrofiche immagini di quello che sarebbe potuto essere.

Ci raggiunge Rosaria, intraprendente fotografa/marinaia, da quel della Sicilia. Catanese “di Città” come sottolinea divertita. Ci si affiata subito: sa stare a bordo, è piena di entusiasmo e… mangia le stesse cose che mangiamo noi! Sarà una perfetta compagna di viaggio, tanto desiderosa di imparare, che subito fa incetta dei libri di bordo e viene prontamente soprannominata Ms. Watts dal libro “La previsione immediata del tempo”…

 

La partenza è decisa: il 2 novembre, ci ancoriamo proprio alla foce della Chesapeake, a Virginia Beach, esattamente dove avevamo dato fondo il 4 luglio al nostro arrivo da Cape Lookout. Tempo buono, si prevede poco vento e ci aspettano ore di motore. Il che non guasta perché il primo tratto, la prima difficoltà, sarà quella di passare quanto più ortogonalmente la Corrente del Golfo nel suo punto più stretto e poi, potremo fare rotta a sud. Ci augura il buon viaggio un nutrito gruppo di delfini che ci accompagna per un bel pezzo.

 

La rotta tracciata prevede di passare a sud delle Bermuda, tenute sempre come “piano B” nel caso qualcosa vada storto. Ci aspettavamo freddo e tempo cupo, invece fa molto più caldo del previsto, l’Oceano è indolente e, per tutta la traversata, solo poche volte ci ha fatto notare che, se vuole, può esserlo anche meno.

Le prime quasi 300 miglia attraverso la corrente sono un supplizio. Anche se non contro, ma praticamente al traverso, si fa sentire. Abbiamo 30° di deriva, mica pizza e fichi. sempre a motore, con velocità ridicole, poi vela e motore e poi vela, finalmente. Si viaggia bene, ma siamo sempre di bolina molto stretta. Meno male che il vento non è mai rinforzato molto e che lo stato del mare è quasi sempre stato indulgente, ma eravamo sempre sbandati di minimo 20°, sempre con mure a sinistra, insomma, quando siamo a arrivati, sembravamo tre torri di Pisa in banchina.
Ma fretta non ce ne era, l’importante era scendere e spostarsi più ad est possibile per evitare le formazioni cicloniche che diventavano sempre più frequenti lungo la costa americana, già ci basta fare slalom tra i groppi che qui, a differenza di quelli incontrati durante la transoceanica, ti arrivano da tutte le parti, non violentissimi come vento, ma sempre da tenere sott’occhio.

Dopo dieci giorni caliamo l’ancora nella baia di Le Colombier a St.Barth. Atterriamo verso le 23:30, buio, niente luna. Stanchezza: per il momento accantonata. Consapevolezza di essere alla fine: zero. Tutti in stato di allerta e vedetta e poi “FONDO!” e l’ancora scende portandosi appresso la catena sino a quando fa una salda presa nella sabbia… siamo arrivati….

La bolina stanca, sarà divertente per chi esce la domenica a farsi due bordi, ma vi garantisco che dopo 1450 miglia….non ne puoi più!

Oltre che stanchi eravamo felici, si, veramente felici, più felici del nostro arrivo a Guadalupe dopo la trans oceanica di gennaio, sapevamo di aver percorso una rotta non facile, poco battuta, sempre irta di sorprese. Una rotta che alcuni chiamano anche “il percorso spinoso”, oltre che “Route66”.

Una felicità che ha sciolto le ultime dosi di adrenalina dell’avvicinamento alla baia. Io, già da un giorno o due, ripetevo sempre di non abbassare l’attenzione, che non è conclusa sino a che la barca non è ferma all’ancora e che gli ultimi giorni sono i più insidiosi. Tutti bravi, bravissimi, anzi bravissime.

Non ci sentiamo certo grandi navigatori, per carità, ma un po orgogliosi nel nostro piccolo si, concedetecelo.

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Parte tecnica:

Un plauso speciale al Jonathan, ha sopportato con tenacia e solidità tutto questo stress, dalle botte sulle onde alle torsioni infinite dello scafo. Abbiamo provato a ridurre il carico di lavoro allargano un po e provando a fare dei bordi, ma la scelta è stata subito abbandonata perché sarebbe diventato un viaggio infinito e così, stringendo denti e angolo, simo rimasti sempre con mure a sinistra.

 

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Abbiamo avuto solo una rottura, dovuta probabilnete a nostra imperizia: il vang, il 10 novembre alle 13, ci ha mollato. Si è rotta la staffa imbullonata al boma, anzi, la staffa imbullonata alla staffa più grossa fissata al boma.

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O era sottodimensionata oppure abbiamo preteso un po troppo da lui. Nulla di tragico, a parte il sistema Walder che funge anche un po da vang, abbiamo risolto nel giro di un oretta allestendo un paranco in  al posto del vang fissato al boma con uno stroppo in Dyneema che ha funzionato egregiamente sino all’arrivo. Ora la piastra è stata rifatta, leggermente più spessa.

Ci si sono aperti anche un paio di garrocci della trinchetta, nulla di che.

Altro problema, che devo ancora risolvere, è stata la ricezione dei file grib (le previsioni meteo) con la radio. Dopo il primo giorno, dove tutto a funzionato a dovere, non c’è stato verso di collegarsi. Devo capire cosa è successo perché, sembra che qui tutto funzioni, ma non sono un esperto. Inutile fare ipotesi finché non ho dei pareri da più attendibili.

Sarà stato un sesto senso o chiamatelo come volete, ma questa volta avevamo un sistema di “backup”: un telefono satellitare che si è dimostrato indispensabile così come Sergio che, puntualmente, ci dava le dritte e le previsioni via SMS.

DSC01486Visto che le rotture non vengono mai sole, ci abbandona l’alternatore di potenza, quello che, mentre il motore è in moto, carica per bene tutte le batterie.servizi, elica di prua ecc. E’ vecchiotto, gli ho dato un controllo ora qui con calma con l’assistenza di amici competenti che sono stati d’aiuto tramite Facebook, ma la diagnosi è: MORTO… il bello è che, sempre sul tema energia, decide di suicidarsi la girante del generatore dopo solo 250 ore, data per 500.

Probabilmente più che le ore di lavoro, si sentiva oramai stanca visto che era montata dal 2013.
Ovvio che il suicidio è avvenuto nella giornata dove avevamo quattro, cinque metri di onda. Non ci si fa mancare nulla, ci mancherebbe… sostituirla con la testa e mezzo busto infilato nel gavone come un contorsionista è stata una esperienza … formativa… diciamo. Ringraziamo i pannelli solari.

 

 

Tirando le somme non possiamo che essere, lo ripeto, felici e orgogliosi. Brava Monica, Brava Rosaria, turni di due ore sempre rispettati, tutto sempre sotto controllo, prudenza e sicurezza mai trascurate, cieli stellati, luna piena, tanto fascino e poesia nella potenza dell’Oceano.

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3 thoughts on “La lunga bolina

  1. E’ sempre un gran piacere leggere i vostri post, In parole povere … Mi fate sognare, (Da appassionato, mi accontento così). Vi auguro un mondo di bene, e che il Dio Eolo sia sempre buono con voi.

  2. Grazie, veramente. Pensa che anche io, a volte, mi vado a rileggere vecchi post e…ancora non ci credo che siamo arrivati sin qui.
    Buon vento.

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