Leeward Islands, le isole sottovento.

Finalmente, senza grandi rimpianti, ci appropinquiamo a lasciare le Piccole Antille.

Prima di raccontarvi qualcosa, però, è necessario fare una breve chiosa a quanto scriverò qui di seguito:

Esistono diversi modi di vivere in barca e altrettanti diversi modi di valutare ciò che è interessante o no.

Chi passa tanto o poco tempo a bordo e poi ritorna a casa, nelle consuetudini e problematiche della sua vita quotidiana e chi, come noi, in barca ci vive e il suo metro di valutazione, così come il tipo di luoghi che apprezza o cerca, ha dei parametri completamente diversi. Indipendentemente dal costo della vita del singolo luogo. “Il turista è uno che appena arriva pensa di tornare a casa, Mentre il viaggiatore può non tornare affatto…”. (Paul Bowle, Il tè nel deserto).

Noi viaggiamo, per mare a bordo della nostra barcasa, per cui i luoghi costruiti appositamente o fatti diventare tali, solo ed esclusivamente ad uso e “disuso” del turismo, non esercitano su di noi molto fascino.

Comunque…le Piccole Antille (I Caraibi) si dividono in due: dalla Dominica sino alle Isole Vergini Americane, le cosiddette isole sottovento, e quelle a sud, sino a Trinidad e Tobago, che prendono il nome di isole sopravento, o windward island. Le ABC islands (Aruba, Bonarie e Curacao, le antille olandesi) sono considerate Leeward islands, cioè sottovento.

Messe insieme alle grandi Antille, Portorico, Cuba, La repubblica Dominicana, Haiti, Jamaica e Cayman Islands, fanno il pacchetto delle Antille e, esagerando sino a includere le Bahamas e Turks and Caicos, ecco fatto il pacchetto completo delle “West Indie”.

Noi, con l’obbiettivo di arrivare, navigare e risalire la costa est americana, abbiamo scelto di approdare già abbastanza alti, lasciando agli anni futuri la visita delle isole sopravento.

Atterrati a Guadalupe, dopo il meritato riposo, ci siamo diretti verso nord visitando, per quanto possibile, le Antille che si trovavano sulla nostra rotta.

IMG_20170205_145324Pur non dovendo sottostare ad un termine temporale per il ritorno a casa, siamo legati indissolubilmente ai cicli della natura tra i quali, e decisamente fondamentale, la stagione degli uragani che, nel periodo estivo, mette queste isole e parte della Florida, a rischio. Ovviamente sfidare la sorte non è il nostro mestiere, inoltre, tutte le compagnie che assicurano le barche da diporto, non ti coprono in questo periodo se si rimane interni alla zona statisticamente ritenuta a rischio. Va da sé che noi, per stare tranquilli, dovremo essere a nord del 35° parallelo entro i primi di luglio, il che vuol dire circa 1.500 miglia a nord da dove siamo ora.

Le isole dove abbiamo fatto sosta sono state, oltre a Guadalupe e Les Saints (Isolette appiccicate alla suddetta e sempre di territorio francese), Antigua (UK), St. Barth, o Barthelemy (FR), St Marteen (FR), Virgin Gorda (UK) Tortola (UK) e fra poco passeremo alle Vergini Americane.

Sono isole verdi, Guadalupe su tutte, con tante baie disponibili. Navigare qui è un paradiso. Innanzi tutto il vento come direzione è costante, da nord est a est sud est, a seconda del periodo dell’anno, le previsioni sono molto attendibili, la forza, tranne pochi giorni che vengono previsti in anticipo, non è mai né troppo forte né troppo debole, navigando in mezzo alle isole non hai salti di vento e in pochi posti gli ancoraggi, che offrono quasi sempre un ottima tenuta, soffrono del vento di caduta, tanto comune in Grecia. Stando sottovento alle isole, si gode di pace e tranquillità e si va a vela sempre.

Ogni isola ha una storia a se, ma comunque un passato coloniale e di sfruttamento della schiavitù. La gente è diversa, anche come carattere, da isola a isola. Non scendo oltre nel raccontare, ma a riguardo è stato scritto di ogni e mi sembra inutile, qui, riscrivere scopiazzando a destra e a manca, la storia delle Antille.

Ad oggi, per quello che abbiamo visto e letto sui portolani a nostra disposizione, uno fra tutti quelli scritti da Frank Virgintino, disponibili on line su www.freecruisingguides.com , i due dati più importanti sono: la disoccupazione che di media è il 50% e il turismo che ha soppiantato la coltivazione della canna da zucchero e delle banane, diventando la fonte primaria delle economie locali….

E questo è il comune denominatore, il “leitmotiv” che ci ha accompagnato fino ad ora. Non solo, oltretutto, mescolando il carattere indigeno delle popolazioni che “lavorano per vivere” e non “vivono per lavorare”, spesso si ha l’impressione di “stare un po’ sulle balle”. In alcune isole, Antigua su tutte, quasi nessuno sorridente e soprattutto il genere femminile decisamente più astioso di quello maschile… beh.. magari noi, non essendo milionari, non vestendoci “alla moda europea” non “godendo” dei loro ristoranti e non comperando dalle loro bancarelle (oggetti che si trovano ovunquerrimo), non rientriamo nel target che a loro interessa.

Guadalupe, per noi, rimane l’sola più bella e profumata che abbiamo visitato sino ad ora, sia la gente che il territorio. Quest’isola a forma di farfalla con le sue foreste, le cascate, le coltivazioni di banane, merita di essere visitata su entrambe le “ali”, dalla punta più a nord ovest sino quella più a sud est. Isola con un traffico di macchine impressionante, si fatica a capire dove, prima dell’ora di punta, tutti quanti si rintanino e dove nascondano le macchine..però..però.. si apprezza, e non poco, la loro tranquillità dovuta al ritmo più calmo della vita: non ho sentito UNO, dico UN colpo di clacson dato da gente impaziente ferma in coda.

Mentre Antigua, oltre a vivere su i ricordi di Sir. Horatio Nelson e dei proventi dei super yachts che ciondolano bellamente in marina, rimane famosa, per gli appassionati, solo per la settimana di regate che si tiene ogni anno a maggio (dove i proventi aumento a dismisura).

Sosta piacevole a St.Barth, famosa anche per le sue belle ragazze, che non sono “locali”, ma sono o sbarcate da uno dei mega yachts o…in cerca di imbarcarsi… Un piccolo concentrato tra Monte Napoleone e Via dei Condotti che ha comunque il suo fascino. Costa anche stare semplicemente all’ancora nella baia di fronte al porto, almeno si ha il WIFI gratuito (che devi richiedere in marina).

Sia a Guadalupe, Antigua e a St.Barth, ad onor del vero, abbiamo anche dato fondo in baie abbastanza tranquille, purtroppo, per motivi legati a fattori esterni, abbiamo dovuto saltare la sosta a Barbuda e questo ci ha scocciato un po’.

Tutta questa disanima che a molti può sembrare esagerata, in parte nasce dal fatto che noi veniamo da sei anni di base in Sardegna e abbiamo scorrazzato “un pochino” tra la Grecia e la Turchia. Credetemi, risulta veramente difficile trovare qualcosa che ci lasci a bocca aperta, tranne, ovviamente, le barriere coralline. Poche dove siamo stati noi anche perché, quasi sempre, esse sono i luoghi dove il nostro pescaggio non ci permette di avvicinarci troppo e, soprattutto, perché sono sempre affollate come il parcheggio dello stadio durante il derby. Se poi aggiungiamo il fatto che stiamo salendo con la scadenza di uscire dall’area uragani entro una determinata data, ecco che alcune, purtroppo, le abbiamo dovute saltare.

Tenete sempre a mente che a noi, pur non disdegnando assolutamente la spiaggia corallina e l’acqua trasparente, cerchiamo altro nel nostro girovagare; cerchiamo di trovare la vita locale, la storia che ha da raccontarci la terra che raggiungiamo via mare e andiamo a calpestare, le persone che “vivono” nel luogo e non ci sono solo per fare i commessi nei negozi per turisti o nei ristoranti per turisti. Preferiamo sederci nella piazza del paese e far due chiacchiere con le persone “veramente” del posto come abbiamo fatto nel nostro viaggio in Turchia o in Grecia.

Ora facciamo un excursus e parliamo un attimo del “traffico nautico”… allora… se pensate che a Ponza o all’Elba sia difficile trovare un ormeggio d’estate..bene… sappiate che qui, soprattutto alle Isole Vergini, il 90% degli ancoraggi protetti con qualcosa da vedere sia in mare che a terra, sono costellate di boe a 30 dollari a notte. Dare fondo è praticamente impossibile a meno che non stai “fuori” dalla baia per via della mancanza di spazio di brandeggio con le barche presenti alla boa, ammassate una sull’altra.

Il numero di barche, dalle piccole ai mega yacht presenti in ogni baia papabile è imbarazzante. Ho visto gente quasi alle lacrime girare tra le barche ormeggiate in cerca di qualcuno che lasciasse libera la boa per ore, bisogna aver culo e indovinare l’ora in cui la massa molla le boe per spostarsi. Ai pontili dedicati ai tender, i “dinghy dock”, spesso e volentieri si attende che un tender se ne vada per poter ormeggiare, ho visto tender ormeggiati “in seconda fila” no, raga.. se un extraterrestre scegliesse queste zone per visitare la terra penserebbe che il genere umano viva su delle case galleggianti e dondolanti…

Le isole Vergini Inglesi, patria incontrastata del charter massivo (tutte le mega compagnie sono qui, da Sunsail a Mooring), sembrano un souvenir pre incartato, dove sicuramente, chi noleggia una barca o ci viene con la propria in vacanza, trova gran parte di quello che cerca: ci ricorda tanto la Costa Smeralda, fa tanto “A la page”…

Spezzo, però, una lancia a favore dei “charteristi” locali che abbiamo trovato molto meno “cafonauti” di quelli nostrani anzi, a dire il vero, praticamente nessuno.
Ultima nota di questo resoconto riguarda l’approvvigionamento alimentare, non acqua o energia, perché siamo autonomi. Ovviamente siamo su delle isole ed è scontato che tutto sia più caro, abbastanza più caro su alcune e meno sulle altre, nulla di sconvolgente sino a quando non arrivi su alcune dove la cambusa diventa praticamente proibitiva. Non atolli sperduti, ma isole tali e quali alle altre, non distantissime tra loro, ma assolutamente inarrivabili se siete abituati a mangiare frutta e verdura. Il perché proprio non lo capisco, ma mi fermo qui non avendo dati a sufficienza per spiegarne il motivo.

Ora seguiremo la procedura indicata dal nostro amico Max per entrare con il Jonathan nelle acque americane delle USVI (United States Virgin Island) e da lì, dove presumo da quello che ho letto, la solfa non cambierà, abbandoneremo le Piccole Antille per dirigerci verso la Florida.

Non sarà proprio una passeggiata, seguiremo una rotta che ci porterà a costeggiare Portorico, la Repubblica Dominicana, Cuba – tutti luoghi che visiteremo con calma al nostro ritorno verso sud – attraverso l’Old Bahamas Channel, sfruttando i venti e la corrente del Golfo che dovrebbero darci una mano.

..dimenticavo… se riusciamo ci fermiamo a Culebra, una delle “Passage Islands” o “ Spanish Virgin Island”, nel caso, ve lo raccontiamo nel prossimo articolo 🙂

 

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