C’era una scadenza imprescindibile: Il Jonathan doveva essere varato con l’ultima alta marea di novembre, il 21 e c’era una conditio sine qua non: bisognava approfittare della prima finestra meteo favorevole perché gli alisei vanno a rinfrescare con l’avanzare dell’inverno e noi dovevamo navigarci contro. Ci aspettava già una dura e improba battaglia, dovevamo evitare che si trasformasse in una Waterloo.
Fu così che, dopo 18 giorni di trucco e parrucco, dall’alba al tramonto, eravamo pronti al varo per la data ultima possibile. Una settimana necessaria per riarmare vele, manovre, accessori vari, gli ultimi inconvenienti classici che fanno capolino nelle fasi conclusive dell’allestimento ed eccoci pronti.
La buona notizia è stata che le condizioni meteo, che fino a quel momento erano ideali, sarebbero perdurate fino agli inizi di dicembre. Le due notizie meno buone erano che poi non se ne vedevano all’orizzonte e che avremmo dovuto salpare il sabato, il giorno dopo, 27 novembre.
Ci sono delle leggi non scritte, per chi va per mare, che non possono e non devono essere ignorate. Una di queste è che non bisognerebbe mai intraprendere una navigazione in condizioni fisiche non ottimali e la stanchezza fa parte i queste condizioni, soprattutto se si è già consapevoli che la navigazione sarà dura e lunga.
Il pre allenamento muscolare durante le giornate in cantiere c’era già stato, ma mancavano almeno uno o due due giorni di relax, sia fisico che mentale.
Il sabato mattina si salpa, sempre le farfalle nello stomaco e, alle varie paranoie classiche, se ne erano aggiunte un paio. Avevo appena sostituito dei tubi del ritorno gasolio del motore, che perdevano, ma non avevo avuto la possibilità di testare il lavoro se non una mezz’ora col motore acceso in banchina. L’AIS che non si è acceso e che poi, con l’equivalente della botta al televisore, si è rimesso a funzionare e che non potevamo sostituire. Sarà fatto, ovvio, ma intanto tutto il viaggio col pensiero.
Mi sono, inoltre, dimenticato di aggiornare la propagazione della radio SSB, causa gli inconvenienti del venerdì pomeriggio e non sono riuscito a scaricare nessuna previsione aggiornata. Grazie al satellitare e grazie al nostro amico Giorgio, questo problema, almeno, lo abbiamo risolto.
Appena doppiato il capo a nord di Curacao chiamato con fantasia Noordpunt, decidiamo di tirare un bordo lungo a salire, facendo il primo errore tattico. Troppo alti. Infatti, situazione non successa la volta scorsa, incappiamo in una importante corrente verso ovest che ha raggiunto anche i tre nodi tra i 12° e i 13° N fino ai 068°W, per poi affievolirsi, ma mai scomparendo.
Alla corrente poi, aggiungiamo che il vento, seppur moderato, non è mai stato deciso da NE o SE, ma sempre un ENE / E / ESE, ci ha precluso di poter approfittare di bordi con un angolo decente.
Si, perché, quasi tutti si basano sulle previsione del vento, ma lo stato e la direzione del mare, che viene, quasi sempre di conseguenza, è una previsione fondamentale.
Prevedere il mare non è facilissimo, anche perché ci sono fattori aggiuntivi (non vi annoio qui) da aggiungere alla previsione del vento.
La navigazione non è stata facile. Sempre sbandati 10/15°, anche se vento perfetto tra i 13 e i 20 nodi, corrente e mare hanno reso la settimana impiegata a macinare 820 miglia nautiche, veramente faticosa. Una lotta per guadagnare, a dispetto degli elementi, primi di grado verso est e verso nord. Dovevamo comunque trovare un compromesso tra velocità, rotta e comodità a bordo.
Per noi, che non avendo nulla di elettrico, ad ogni virata dovevamo avvolgere col winch 85mq di genoa e bordarlo sulla mura opposta, alla sera o durante i groppi o quando il vento saliva sopra i 17/18 nodi, lo riducevamo di un 30/40%. Insomma, le virate sono state 11, le riduzioni non ricordo, ma i miei muscoli se lo ricordano benissimo.
Anche il Jonathan ha sofferto e, meno male che possiamo contare su un cantiere di quelli seri. I litri di acqua che hanno spazzato il ponte sono stati tanti, le botte che ha sopportato anche e, ad ognuna, ci si stringeva il cuore. Unica rottura, un trefolo del Baby Stay, che ha lavorato come un crumiro per tutto il viaggio. A sua discolpa, è lunico pezzo di sartiame che non abbiamo mai sostituito e che è, se va bene, del 2004. Comunque faremo dare una bella controllata al sartiame e alle manovre fisse la settimana prossima.
Ma non è finita qui…
Decidiamo di accendere il motore appena si calma un po così ricarichiamo le batterie che sono alimentate solo dai pannelli solari dalla partenza e che ne hanno bisogno vista la grigia giornata e che sono al lavoro senza altri ausili che dal sole dalla partenza.
Il ripartitore di carica del motore decide di suicidarsi. Ok, accendiamo il generatore che, dopo 10 minuti, decide che la vita è troppo triste e si suicida pure lui…. bene.. perfetto… unica soluzione, visto che Ambrogio il pilota ha la priorità, spegniamo il frigo, unica altra fonte di consumo e Monica si mette al timone un paio d’ore per risparmiare energia che servirà la notte e sempre con la speranza che torni il sole il giorno dopo.
A nulla son valsi i miei controlli sul generatore che non hanno riscontrato nulla di anomalo (girante e ecc). Infilato nel gavone in navigazione ho recitato il cantico delle madonne lasciando parecchi santi fuori bordo senza salvagente.
Venerdì mattina sembra che, data rotta e velocità, l’atterraggio possa avvenire nel pomeriggio e decidiamo di fare le ultime miglia motore, ma questo, ancora una volta, si è rivelato non fattibile causa mare e ci siamo rimessi con le vele al vento tirando un altro bordo. Finalmente, a 10 miglia dall’arrivo, ridossati dal mare grazie all’isola di Terre de Bas dell’Arcipelago di Les Saintes, possiamo far rotta diretta a motore.
Si era fatto tardi, il sole stava andando a dormire, nulla di che, anche perché queste isole le conosciamo bene, ma , appunto per questo, sappiamo che i locali hanno la dannata abitudine di calare nasse con piccole bottigliette di plastica come riferimento. Ci mancava solo che prendevamo una cima nell’elica, al buio, dopo una settimana di sbattimento. Allora, io a prua con vhf e torcia e Monica al timone per le ultime 5 miglia.
Alla fine, dopo 820 miglia, 6 giorni e 12,5 ore, alle 20:48, prendiamo una boa di poppa e chiudiamo, stanchi e felici questa avventura.
Urca