Oceano. La nostra mente lo collega subito con l’idea di “vastità“, un navigante ci associa poi altre immagini: dalle più poetiche a quelle tranquillizzanti. Noi, ora che il momento è giunto, solo quelle meno tranquillizzanti e meno poetiche…
L’attesa a Gibilterra per avere la finestra meteo adatta a “quelli che...siamo alla nostra prima volta“, è abbastanza snervante. Tutto è pronto, ma, come scrivevo nell’articolo precedente, bisogna che alcune condizioni siano soddisfatte o, quantomeno, più certe possibili.
Si aspetta una situazione stabile, considerato i giorni di navigazione che ci attendono. Gradiremmo una discesa sino alle Canarie che non serbi sorprese (o quasi). Nella mia immaginazione, mi aspetto altresì che, una volta agganciato l’aliseo portoghese e bordate le vele, si scenda sino a Lanzarote con il vento in poppa..o quasi.
Il pomeriggio prima della partenza molliamo gli ormeggi dal marina della Linea della Conception, facciamo rifornimento anche alle taniche e diamo fondo all’ancora nella baia appena fuori, in modo da essere pronti alla mattina dopo per salpare due ore dopo l’alta marea di Gibilterra. Questo farà in modo che nel punto più stretto avremo una stanca di marea che girerà poi a favore contrastando la perenne corrente verso est che entra nello stretto. Osservo compiaciuto che ci sono altre quattro barche insieme a noi.
La navigazione è tutta a motore perché, oltre a non esserci vento, manovrare a vela col traffico di navi e traghetti veloci, diventa pericoloso. Arriviamo a doppiare Punta de Tarifa, il punto più stretto (14 Km), con tutta tranquillità. Continuiamo a guardarci attorno, decisamente “inebetiti” e non consci di dove esattamente siamo e cosa stiamo facendo.
Così, pian piano, ci si trova quasi senza accorgersene in Oceano Atlantico.
E’ tutto calmo e tranquillo, ancora con l’Europa a dritta e l’Africa a sinistra, niente onda, poco vento. Procediamo sempre dritti per 270° in quanto non si può poggiare troppo vicini al capo Espartel che ha grossi riflussi di marea e forte risacca. Inoltre aspettiamo di attraversare il canale di traffico delle navi in un punto meno stretto, visto e considerato che sono parecchie, grosse e veloci.
Ci guardiamo attorno, emozionati e increduli… osrtregheta… siamo in Atlantico! ..tutto qui?
Finiamo di pensarlo e notiamo grosse onde frangenti lontano a prua come se ci fosse un basso fondale o, peggio, degli scogli sommersi che si estendono per buona parte dell’orizzonte e non segnalati sulle carte: o cacchio! Da “burbe” alla nostra prima volta ci caschiamo come pere. E’ l’effetto che fa la marea opposta alla corrente, un effetto che ci lascia a bocca aperta mentre il Jonathan cavalca spinto a otto nodi su queste ondine che proprio “ine” non sono. In pochi minuti, così come si sono formate, così queste spariscono e tutto torna alla normalità. Un fenomeno spettacolare che lascia tutti ammutoliti.
Seguendo le indicazioni dei nostri amici e quello che abbiamo appreso studiando sui libri, arrivati al punto previsto dalla nostra rotta, poggiamo a ovest sud ovest per 260°agganciando l’aliseo e portandoci lontano dalle coste marocchine dove è prevista una burrasca a f8. Abbiamo una quindicina di nodi e andatura di bolina stretta: bordiamo le vele e iniziamo i turni di navigazione.
La faccenda promette bene, viaggiamo come treni nonostante la carena del Jonathan non veda una mano di anti vegetativa da quasi due anni (però era previsto e ne avevamo date quattro). Otto, nove nodi abbondanti, ma con una rotta che ha un angolo molto stretto: circa 30 gradi scarsi di vento apparente. Durante la notte abbiamo pian piano allargato l’andatura poggiando sempre più. Una notte fantastica col rumore del mare sullo scafo veloce, la luna piena quasi come volesse indicarci la via cancellando tutte le stelle del firmamento e le nostre ansie.
Durante il mio primo turno di riposo fatico a prendere sonno tra la cavalcata del Jonathan ed io che ascolto con tutto il corpo, oltre che con le orecchie, ogni rumore, ogni gemito, ogni vibrazione, le piccole variazioni di velocità, l’inclinazione dello scafo come se il Jonathan facesse parte del mio sistema nervoso. Ho ri iniziato a parlare con lui, era parecchio che non scambiavamo due chiacchiere…. ed abbiamo chiacchierato tanto.
Le comandate passano veloci, due ore di turno a parlare guardare ed ascoltare, nessuna regolazione delle vele, non siamo in regata, ma controlli radar, punto nave sul diario di bordo e io che mi collego alla sera e alla mattina con la radio ad onde corte per inviare la nostra posizione, richiedere e ricevere le previsioni meteo da Sergio e i file grib da sovrapporre al cartografico.
Siamo sempre più col vento a poppavia del traverso; tangoniamo la vela di strallo per fare in modo che porti senza sbattere ad ogni incavo d’onda.
Non abbiamo tenuto conto, però, del forte levante che alle nostre spalle ha soffiato dallo stretto mentre noi eravamo già lontani: il fetch e la rotazione del vento ha fatto si che la coda di quel bastardo abbia portato vento fresco e onda incrociata. E’ montata in modo deciso con la conseguenza che ci siamo trovati con un mare 4 al giardinetto e un f6 con raffiche fino a 28 nodi. Si naviga veloci, si rolla il giusto, ma quando il vento comincia a calare e il suo rapporto con l’altezza delle onde (alcuni treni superavano i 4 metri ed era mare 5) si sbilancia a tal punto che la velocità non è più sufficiente e si rischia di “pucciare” il tangone in acqua. Cosa no buona. Si decide di ammainare le vele, e strallare il suddetto portandolo verso prua procedendo a motore. Rimane a farci compagnia un rollio che che farà in modo da non passare inosservato..
Fino all’arrivo sarà un susseguirsi di issate e ammainate con incluso un paio di abbattute, ma almeno il moto ondoso è rientrato alla normalità, pur rimanendo fastidioso quando si procede a motore. La media che siamo riusciti a tenere, considerando il vento avuto e la carena col “pellicciotto“, non è stata malvagia. La rotta, invece, si è allungata un pochino perché siamo andati “larghi” alla ricerca di qualche refolo in più quando rimanere più vicini alla rotta ideale significava di sicuro trovarne non a sufficienza.
Abbiamo navigato circa il 50% del viaggio a vela con una media complessiva di 6 nodi e mezzo abbondanti di GPS. Non ci lamentiamo considerando che quest’anno, rispetto all’anno scorso, la situazione meteo non è stata per nulla stabile e presentava scelte agli antipodi: o “patana” o “merdone” (quasi nulla o vento forte). Visto e considerato che è stata la nostra prima volta, la scelta di affrontare l’Atlantico già con “previsioni” di vento forte, non ci è neanche passata per l’anticamera del cervello.
E…un giorno..all’alba..avvistiamo terra…Lanzarote.
Grazie per i consigli e il supporto, anche morale, a (in ordine molto sparso):
Sergio Mistrorigo, Paolo Liberati, Carlo Lai, Max Terragni, Giancarlo e Sabrina, Roberto Gaziello.
Complimenti, perchè non è il solito diario tecnico, per velisti, ma dentro ci sono tutti i dubbi, le preoccupazioni, i piaceri di fare una cosa grande, di una grande passione che state vivendo.
Vi seguo con immenso piacere
Roberto
Ma bravi! Come ho già avuto modo di dirvi, andate avanti così… Anche se le “farfalle”… torneranno.
Grazie, ma siamo giusto all’inizio 🙂