Due mesi a bordo.

Era il 6 luglio dell’anno scorso ed il Jonathan entrava a far parte della nostra famiglia: il tanto atteso momento in cui, saliti a bordo ed appoggiato i nostri bagagli personali, ci siamo resi conto di questo e che era finalmente arrivato.
Ci aspettavano 1.400 miglia per portarlo a ‘casa’, ma le presentazioni di rito non erano certo bastate per poter darci del ‘tu’, ci avremmo provato durante il viaggio.

Un viaggio conoscitivo, fatto a volte col fiato sospeso non sapendo come si sarebbe comportato sotto le raffiche delle due burrasche incontrate, fatto di continue scoperte e..serraggi di bulloni, ascoltando i suoi brontolii e le sue risate, ma mai completamente rilassati.

Ci avevano detto che un anno non sarebbe bastato per conoscerlo a fondo e, col senno di poi, devo ammettere che ora lo conosco….giusto un pò.
Sò come è cablato, come funzionano i vari impianti, gli strumenti di bordo quasi nella loro totalità, di cosa ha bisogno e di quello che non sopporta, ma ancora è ben lungi il momento in cui si possa dire che non ha più segreti.

Un viaggio lungo un mese con poca attenzione alla vita di bordo dei compagni di viaggio e completamente concentrati a capire, conoscere, imparare. Il Jonathan è un cavallino di razza impegnativo e pretenzioso che però sa regalare soddisfazioni senza eguali.


Non bastava, mancava qualcosa e quest’anno si è provveduto: la ‘gestione‘ della vita di bordo, un test di 1.050 miglia in un mare non facilissimo come la Sardegna e la Corsica.
Il ‘non facilissimo’ stà soprattutto per l’impegno con cui si devono affrontare anche poche miglia e l’umore ballerino dei venti che sono un bel test di pazienza e sopportazione.

Eggià, per chi esce il we di bel tempo o quattro settimane d’estate, poco importa una gestione della vita come se fosse a casa, poco importa passare poche notti accampati in un sacco a pelo, fare risparmio d’acqua per un pò (tanto poi si torna a casa) oppure volere ed avere tutte le comodità che si hanno nella vita terricola. Per la grande maggiornanza la propria barca è come una bella amante del periodo estivo da ritrovare ogni anno e rimettere in naftalina quando le giornate non sono più così invitanti.

Noi dovevamo vedere e provare come funziona la nostra vita in previsione di stare a bordo lunghi periodi, anzi, completare il nostro progetto facendo diventare il Jonathan ‘la nostra casa’.
Non solo a livello funzionale, ma – importantissimo – a livello gestionale. Quanto tempo riusciamo a non scendere a terra perchè ne sentiamo il bisogno? Quanto consumiamo di energia o di acqua al giorno? Cosa riusciamo a fare e a non fare in due a bordo? Quanto siamo autonomi per problemi di ordinaria manutenzione? Gli spazi che offre il Jonathan sono sufficenti per una convivenza come la intendiamo noi?

A queste e a tante altre domande dovevamo trovare risposta e non solo, dovevamo capire se riuscivamo anche a ‘sopportare’ amici a bordo per più giorni senza….perderli in mare ‘involontariamente’..

Bene, abbiamo quasi tutte le risposte.

Per l’autonomia siamo quasi a posto e abbiamo constatato che il Jonathan ci permette di convivere nei suoi spazi e nei suoi tempi senza problemi, anzi.. i ritmi che abbiamo preso in questi due mesi ci hanno riconciliato col tempo e le distanze dandoci la giusta misura di una giornata dal sorgere al tramontare del sole, conquistando col vento distanze risibili al giorno d’oggi dove tutto è scandito dalla ‘velocità’ e dal poco tempo, dallo stress e dal fare quanto più possibile il più velocemente possibile.

Sono riuscito a fermarmi e a pensare, a godere di molte albe e molti tramonti senza mai stancarmi, ho rivitso il cielo stellato con tutta la via lattea prima che nascesse la luna e ho smesso di fare le foto a queste meraviglie perchè non sono bravo a trasmettere quanto erano belle (o non sono bravo o forse non ci si riesce?). Ho scoperto il ‘profumo della catena’ sempre diverso ogni volta che si salpa l’ancora da una rada diversa.

Ha funzionato, il Jonathan puòessere la nostra casa e con gli amici che sono stati con noi siamo riusciti a convivere anche se – e lo capisco benissimo – il tempo a loro disposizione non era il nostro e che noi siamo dei privilegiati in questo.

Abbiamo scoperto diversi modi con cui la gente vive la vela, che per alcuni una barca a vela non ha anima, non fa nessuna dfferenza che barca sia nè come sia: basta che abbia le vele; beh, massimo rispetto per le opinioni altrui e chissà quante altre diverse dalle nostre ne troveremo, ma chiudo citando un navigante che ha fatto un pò più miglia di noi:

‘Chi non sa che un veliero è una cosa viva, non capirà mai niente della barca e del mare’

(Bernard M.)